domenica 20 novembre 2011

Non - fare

“Non-fare è un termine che ci proviene dalla nostra tradizione stregonesca,” proseguì Clara, ovviamente consapevole del mio bisogno di spiegazioni. “Si riferisce a tutto ciò che non è incluso nell’inventario che ci è stato forzato addosso. Quando impegniamo un qualsiasi elemento del nostro inventario forzato, compiamo un fare; tutto ciò che non fa parte di questo inventano è non-fare.”
(Il passaggio degli stregoni, T. Abelar)

"Dal momento della creazione le parole "creare" e "fare" sono diventate confuse. Quando fai qualcosa, lo fai a casusa di un senso specifico di mancanza o di bisogno. Qualsiasi cosa fatta per un scopo specifico non può essere veramente generalizzata. Quando fai qualcosa per riempire una mancanza che percepisci, stai tacitamente implicando che credi nella separazione. L'ego ha inventato a questo scopo, molti sistemi di pensiero ingegnosi. Nessuno di essi è creativo."

(Un corso in miracoli)

martedì 1 novembre 2011

Viaggi nell'ignoto

In quei momenti mi diceva sempre che conoscere qualcosa solo intuitivamente non ha significato.
I lampi d’intuizione devono essere trasformati in un pensiero coerente, altrimenti sono senza scopo. Paragonava un lampo d’intuizione a visioni di fenomeni inesplicabili. Entrambi svaniscono tanto rapidamente quanto sono comparsi
Se i lampi non sono costantemente rinforzati, subentrano il dubbi o la dimenticanza, poiché la mente è stata condizionata ad essere pratica e ad accettare soltanto ciò che è verificabile e quantificabile.
Spiegò che gli stregoni sono uomini di conoscenza più che di ragione. Come tali, sono un passo avanti rispetto agli intellettuali occidentali che presumono che la realtà - che viene spesso usata come sinonimo di verità - sia conoscibile attraverso la ragione.
Lo stregone afferma che tutto ciò che è conoscibile attraverso la ragione è il nostro processo pensante, ma che è soltanto comprendendo il nostro essere totale, al suo livello più sofisticato e complesso, che possiamo finalmente cancellare i limiti con cui la ragione definisce la realtà.
lsidoro Baltazar mi spiegò che gli stregoni coltivano la totalità del loro essere. Cioè, gli stregoni non fanno necessariamente una distinzione fra il nostro aspetto razionale e quello intuitivo.
Usano entrambi per raggiungere il livello di consapevolezza che chiamano conoscenza silenziosa, che giace al di là del linguaggio, al di là del pensiero.
Ripetutamente, Isidoro Baltazar enfatizzò che affinché uno sia in grado di rendere silenzioso il proprio lato razionale, deve prima comprendere il suo processo pensante al livello più sofisticato e complesso. Credeva che la filosofia, a partire dal pensiero greco classico, fornisse il modo migliore per gettare luce su questo processo pensante. Non si stancava mai di ripetere che, eruditi e uomini comuni, siamo tuttavia membri ed eredi della nostra tradizione intellettuale occidentale. E questo significa che, indipendentemente dal nostro livello di istruzione e raffinatezza, siamo prigionieri di quella tradizione intellettuale e del modo in cui essa interpreta ciò che è la realtà.
Solo superficialmente, affermava Isidoro Baltazar, siamo propensi ad accettare che quella che chiamiamo realtà è un costrutto determinato culturalmente. E ciò di cui abbiamo bisogno è accettare il più profondamente possibile che la cultura è il prodotto di un lungo processo di cooperazione, altamente selettivo e sviluppato e, per ultimo, ma non meno importante, altamente coercitivo, che culmina in una convenzione che ci preclude altre possibilità.
Gli stregoni si sforzano attivamente di smascherare il fatto che la realtà è dettata e sostenuta dalla nostra ragione; che le idee e i pensieri che originano dalla ragione diventano regimi di conoscenza che prescrivono come viviamo ed agiamo nel mondo; e che su di noi viene esercitata un’incredibile pressione affinché certe ideologie vengano accettate.
Enfatizzò che gli stregoni sono interessati a percepire il mondo in modi diversi da quelli culturalmente determinati. Ciò che è culturalmente determinato è che le nostre esperienze personali, sommate a un accordo sociale condiviso su ciò che i nostri sensi sono capaci di percepire, dettano quello che percepiamo.
Qualunque cosa sia fuori da questo regno di percezione sensorialmente convenzionale, viene automaticamente incapsulato e scartato dalla mente razionale. In questo modo, la fragile coltre delle convinzioni umane non viene mai danneggiata.

Gli stregoni insegnano che la percezione avviene in un posto esterno al regno sensoriale.
Gli stregoni sanno che esiste qualcosa di più vasto rispetto a ciò che abbiamo stabilito che i nostri sensi possono percepire.
La percezione avviene in un punto esterno al corpo, al di fuori dei sensi, dicono. Ma non è sufficiente credere semplicemente a questa premessa.
Non è solo questione di leggere qualcosa su di essa o di sentirne parlare da qualcun altro.
Per farla propria, bisogna sperimentarla.
Isidoro Baltazar disse che gli stregoni si sforzano attivamente, per tutta la vita, di rompere quella fragile coltre delle convinzioni umane.
Tuttavia, gli stregoni non si tuffano ciecamente nell’oscurità. Sono preparati. Sanno che ogni volta che saltano nell’ignoto hanno bisogno di avere un lato razionale ben sviluppato. Soltanto allora saranno in grado di spiegare e dare un senso a qualunque cosa potrebbero portare dai loro viaggi nell’ignoto.

(Essere nel sogno, F. Donner Grau)

domenica 23 ottobre 2011

Una delle cose più difficili

Vi prego di avere la pazienza di ascoltare senza farvi trascinare dalle parole o contestare un paio di frasi o di idee.
Occorre avere un'enorme pazienza per scoprire ciò che è vero.
Molti di noi sono impazienti di progredire, di arrivare ad un risultato, di raggiungere uno scopo, un obiettivo, un certo stato di felicità, o di sperimentare qualcosa a cui la mente può afferrarsi.
Io credo invece che occorra pazienza e perseveranza per cercare senza uno scopo.
Molti di noi stanno cercando: per questo siamo qui; ma nella nostra ricerca vogliamo trovare qualcosa, un risultato, uno scopo, uno stato dell'essere in cui poter essere felici, in pace.
E' così la nostra ricerca è determinata in anticipo, non è vero?
Quando cerchiamo, siamo alla ricerca di qualcosa che vogliamo; così la nostra ricerca è già fissata, predeterminata, e quindi non è più una ricerca.
Credo sia molto importante capirlo.
Se la mente cerca uno stato particolare, una soluzione a un problema; se cerca Dio, o la verità, o desidera una certa esperienza, mistica o di qualunque altro tipo, ha già concepito quello che vuole.
E poichè ha già concepito, formulato, quello che sta cercando, la sua ricerca è completamente futile.
Una delle cose più difficili è liberare la mente dal desiderio di ottenere un risultato.

(da "Come siamo", J. Krishamurti)

sabato 22 ottobre 2011

Per favore amami!

"Per favore amami!>" (..)
Ecco quello che siamo: scimme con piattini di latta per l'elemosina.
Così prevedibili, così deboli. Masturbatori. Siamo sublimi, ma la scimmia insana non ha energia per vedere. Così il cervello della bestia prevale. Non possiamo afferrare la nostra finestra di opportunità, il nostro "centimetro cubo di chance". Non possiamo, siamo troppo occupati a tenere la mano di mammina. A pensare come siamo meravigliosi e unici e sensibili. Non siamo unici! Le sceneggiature delle nostre vite sono già state scritte, da altri. (..)

Dobbiamo imparare a mollare la presa. collezioniamo ricordi e li incolliamo su degli album, come biglietti per uno spettacolo di Broadway di dieci anni fa. Moriamo attaccati a souvenir. Essere uno stregone è avere energia, curiosità e fegato per lasciare le cose, per fare salti mortali nell'incognito. Tutto ciò di cui si ha bisogno sono delle ridefinizioni, regolare gli strumenti. Dobbiamo vederci come essere che devono morire. Una volta che accettiamo questo fatto, i modi si schiuderanno per noi.
Ma per abbracciare questo concetto devi avere delle "balle d'acciaio".

(da Interviste a Carlos Castaneda, Si vive solo due volte)

domenica 9 ottobre 2011

Cosa dice

Nulla di ciò che è reale può essere minacciato.
Nulla di irreale esiste.
In questo si trova la pace di Dio.

Così inizia Un corso in miracoli. Esso fa una distinzione fondamentale fra ciò che è reale e ciò che non lo è: tra la conoscenza e la percezione. La conoscenza è la verità, sotto un'unica legge: la legge dell'amore o di Dio. La verità è inalterabile, eterna e per niente  ambigua. Può non essere riconosciuta, ma non può essere modificata. Si applica ad ogni cosa creata da Dio, e solo ciò che Lui ha creato è reale. Va al di là di ogni apprendimento perchè è al di là del tempo e dell'andamento delle cose. Essa non ha opposti, non ha inizio nè fine. Semplicemente è.
Il mondo della percezione, d'altro canto, è il mondo del tempo, del cambiamento, dell'inizio e della fine, è basato sull'interpretazione, non sui fatti; è il mondo della nascita e della morte, basato sul credere nella scarsità, nella perdita, nella separazione e nella morte. La percezione viene imparata, non è donata, è selettiva nella sua enfasi sulla percezione, instabile nel suo funzionamento ed inesatta nelle sue interpretazioni.

(tratto da Un corso in miracoli)

sabato 8 ottobre 2011

La prima verità

"La prima verità dice che il mondo è come sembra, eppure non lo è -proseguì- Non è così solido e reale come la nostra percezione ci ha portato a credere però non è neanche un miraggio. Il mondo non è un'illusione come è stato detto; è reale da una parte ed irreale dall'altra. Sta molto attento a questo, perchè occorre capirlo e non solo accettarlo. Noi percepiamo sensorialmente. E' un fatto innegabile. Ma quello che percepiamo non è un fatto dello stesso tipo perchè impariamo cosa percepire.
Quello che ci circonda condiziona i nostri sensi. E' questa la parte reale. La parte irreale è ciò che i nostri sensi vedono intorno a noi. Pensa ad una montagna, per esempio. Ha dimensione, colore, forma. Abbiamo persino categorie di montagne che sono certamente precise. Non c'è nulla di male in tutto questo: l'errore sta nel fatto che non abbiamo mai pensato che i nostri sensi hanno un ruolo superficiale. I nostri sensi hanno quelle percezioni perchè una caratteristica specifica della nostra consapevolezza li obbliga."

(da "Il fuoco dal profondo", C. Castaneda)