giovedì 9 febbraio 2012

«Il nostro problema è che noi ci prendiamo sul serio»

Risi, nervoso. Di solito avrei preso la sua dichiarazione come uno scherzo, ma stavolta, con la mente così limpida e i pensieri così acuti, sentii che parlava proprio seriamente.««Dici sul serio?» gli chiesi, con quanta più gentilezza potei.«Come no!» rispose, cominciando a ridere.



Le sue risa mi fecero rilassare un po', ed egli cominciò a spiegarmi il sistema di classificazione.
Disse che le persone della prima classe sono perfetti segretari, assistenti, colleghi. Hanno personalità molto fluide, ma la loro fluidità non arricchisce. Tuttavia sono servizievoli, interessati, amanti della casa, pieni di risorse entro certi limiti, spiritosi, beneducati, teneri, delicati. In altre parole, la gente migliore che si possa trovare, ma con un enorme difetto: non riescono a funzionare da soli, hanno sempre bisogno di qualcuno che li diriga. Sotto una direzione, per quanto possa essere dura o antagonistica, rendono benissimo. Da soli non ce la fanno.



Le persone della seconda classe non sono affatto simpatiche. Sono meschine, vendicative, invidiose, gelose, egoiste. Parlano solo di sé e di solito chiedono che gli altri si uniformino al proprio livello. Prendono sempre loro l'iniziativa, anche se non si sentono a proprio agio. Sono perennemente impacciati in ogni situazione e non si rilassano mai. Sono insicuri e sempre insoddisfatti, e più si sentono insicuri, più diventano scortesi. Il loro fatale difetto è che ammazzerebbero chiunque per amor del potere.



Nella terza categoria ci sono quelli che non sono simpatici ma nemmeno odiosi. Non sono servi di nessuno ma neanche si impongono a nessuno, sono piuttosto degli indifferenti. Hanno un'alta idea di se stessi derivata solo da sogni a occhi aperti e da pii desideri. Se si distinguono per qualcosa è perché sono sempre in attesa che qualcosa succeda. Attendono di essere scoperti e conquistati e hanno una grande abilità a creare l'illusione di avere in serbo grandi cose, che promettono sempre di offrire: in realtà ciò non avviene perché non ne hanno la capacità.



Don Juan mi precisò che lui, ovviamente apparteneva alla seconda classe. Mi chiese poi di classificarmi e con una certa riluttanza suggerii che potevo essere una combinazione delle tre.



«Non rifilarmi quell'idiozia della combinazione» mi disse, ancora ridendo. «Noi siamo creature semplici, ognuno di noi appartiene a uno solo dei tre tipi. Secondo me, tu appartieni alla seconda classe. I maestri dell'agguato li chiamano peti.»



Presi a protestare che il suo schema di classificazione era avvilente, ma mi fermai proprio mentre stavo per abbandonarmi a una lunga tirata. Invece gli feci notare che, se davvero c'erano solo tre tipi di caratteri, tutti eravamo bloccati a vita in una delle tre categorie, senza speranza di mutamento o riscatto.



Convenne che era proprio così, ma restava una via di recupero. Gli stregoni avevano appreso molto tempo prima che solo il nostro riflesso di sé personale cadeva in una delle categorie.«Il nostro problema è che noi ci prendiamo sul serio» disse.



(Carlos Castaneda, IL POTERE DEL SILENZIO)